Non bastano gli studi e le raccomandazioni delle maggiori organizzazioni mondiali per fermare la diffusione dell’alcol tra i giovani e i danni che sta portando ad un’intera fascia di popolazione.
Il problema dell’alcolismo insorge oggi ad una fascia di età ancor più bassa, iniziando ad assaggiare intorno ai 13 anni e diventando consumatori consapevoli dai 15 anni in poi.
Secondo uno studio pubblicato su Lancet, l’alcool è la prima causa di morte al mondo nella fascia di età compresa tra i 15 e i 49 anni con quasi tre milioni di decessi nel 2016. Non si tratta solo di numeri: parliamo dei ragazzi e degli adulti che dovrebbero rappresentare il futuro del pianeta.
Il consumo abituale di alcool reca infatti danni gravissimi non solo a livello comportamentale, ma anche a livello fisico.
L’alcol entra a gamba tesa nei processi infiammatori, attivando il sistema immunitario che attiva quindi una risposta infiammatoria fuori controllo. Questa danneggia direttamente i tessuti muscolari, in primis quello cardiaco, a causa dell’attacco di alcune cellule del sistema immunitario chiamate macrofagi.
Nonostante ciò, il consumo di alcol non accenna a frenare. Il perché è da ricercare non in un bisogno fisico, almeno all’inizio, quanto alla necessità di socializzare, perpetuando un rituale comune a molti giovani.
Fino agli inizi del Novecento l’alcol veniva consumato per ingerire calorie che non erano assimilabili attraverso il cibo, a causa della sua scarsità.
Oggi si consuma alcool per sentirsi parte di un gruppo, per sentirsi inclusi e condividere un gesto, un rituale per l’appunto, che rende l’individuo parte di una comunità. Questo, purtroppo, non si limita al consumo occasionale, specialmente fra gli adolescenti. Sottolineiamo, inoltre, che “bere ogni tanto non provoca danni” non è un assunto veritiero.
Non esiste un limite sotto il quale il consumo di alcol è innocuo o, come alcuni addirittura sostengono, positivo. L’azione infiammatoria viene causata dall’alcool anche solo con un drink.