Fumare? Non fa male solo al corpo
Che fumare faccia male è una notizia ormai nota. Il tabagismo è una delle principali cause di morte e di patologie anche gravi del mondo intero.
La dipendenza dalle sigarette può portare a patologie che hanno un grande costo sociale come tumori, problemi cardiaci, asma e polmonite, broncopneumopatia e bronchite. Può accorciare la vita di 12 anni per gli uomini e 7 anni per le donne. Ma se fino a questo momento avete creduto che i problemi del tabagismo si “limitassero” a danneggiare il singolo fumatore, vi siete sbagliati.
Infatti i danni del tabacco non finiscono qui: il tabagismo non danneggia gravemente solo la salute di chi fuma e di chi gli sta attorno. Le sigarette (e tutta la filiera di produzione del tabacco) rovinano anche il nostro pianeta. Il ciclo produttivo del tabacco ha un impatto enorme – in termini di consumo di risorse e suolo, deforestazione ed inquinamento – sul nostro pianeta. Ogni sigaretta che fumiamo incrementa questo sfruttamento, che accelera la distruzione di un equilibrio già di per sé instabile.
L’industria del tabacco, che concentra le sue attività produttive specialmente nei Paesi in via di sviluppo, non solo inquina molto ma rischia di sbilanciare ulteriormente la situazione di diseguaglianza economico-sociale e di approfondire il divario che separa i Paesi ad alto reddito da quelli poveri. I rischi, secondo l’OMS, sono i danni ambientali che possono ripercuotersi sulle nazioni che ospitano le colture di tabacco, sostituendo l’apparente redditività di queste coltivazioni con problemi ulteriori come malattie, problemi di inquinamento, povertà.
L’impatto dell’industria del tabacco sul pianeta
Non è certo un caso che, per il 2022, il tema proposto dall’OMS per cercare di sensibilizzare sui danni causati dal tabagismo sia stato proprio “Il tabacco: una minaccia per il nostro ambiente”.
Già, perché la filiera del tabacco avvelena lentamente l’ambiente e il pianeta, con la progressiva erosione di interi ecosistemi. Un rapporto dell’OMS ha stimato che, in un solo anno, l’industria del tabacco ha comportato conseguenze come:
- l’erosione di 200mila ettari di terreno;
- l’abbattimento di 600 milioni di alberi;
- l’emissione decine di milioni di tonnellate di CO2 nell’aria e di polveri sottili (in quantità maggiore di quanto non facciano i motori diesel).
Incalcolabile, invece, l’utilizzo di preziose quantità di acqua per l’industria del tabacco e la degradazione ed erosione del suolo, che per favorire la coltivazione del tabacco viene sottratto ad altre culture. Il tutto, nel 90% dei casi, avviene nei Paesi in via di sviluppo, rappresentando quindi una minaccia anche per la loro stabilità e per le condizioni economiche e sociali delle loro popolazioni.
Un ulteriore problema, non di secondaria importanza, è rappresentato dai rifiuti. In particolare le micro-plastiche ed i rifiuti di plastica, diffusi soprattutto in concomitanza della diffusione di dispositivi a tabacco riscaldato. Questi rifiuti, se dispersi nell’ambiente, sono assai difficili e costosi da recuperare e smaltire.
Smettere di fumare non è quindi solamente un importante gesto di rispetto per la propria salute e quella degli amici e familiari che ci stanno attorno. Si tratta anche di un atto di consapevolezza verso il pianeta, per contribuire non solo ad un mondo più sano, ma anche meno piegato alle logiche distruttive di un’industria che ogni anno comporta milioni di decessi, inquinamento e un enorme consumo di risorse della terra.
L’appello dell’OMS è quindi molto chiaro: se proprio non riuscite a smettere di fumare per la vostra salute, cercate di farlo almeno per l’amore per il pianeta. E otterrete così un nobile motivo in più per iniziare la lotta contro la dipendenza dal tabacco.